BENTORNATO, ISRAELE! Israele si ripresenta al Consiglio dei Diritti Umani, non senza riserve.

Il 14 Maggio 2012, Israele aveva deciso
di sospendere le relazioni con il Consiglio dei Diritti Umani, diventando così
uno degli Stati più controversi presso le Nazioni Unite a Ginevra. Vista la sua
assenza alla propria Revisione Periodica Universale (UPR) il 29 gennaio 2013,
l’incontro era stato posticipato al 29 ottobre. Israele è stato la prima
Nazione ad assumere un tale comportamento. Di conseguenza, la comunità
internazionale ha mostrato le sue preoccupazioni per il futuro e la legittimità
del processo dell’UPR.

A seguito di negoziati con il
Presidente del Consiglio dei Diritti Umani e dopo le continue pressioni a
livello internazionale da parte degli Stati membri, due giorni prima della data
concordata, il governo israeliano ha confermato la sua partecipazione,
presentando il rapporto nazionale appena un giorno prima della riunione. Tale atteggiamento,
insolito alle Nazioni Unite,  è stato
fortemente criticato durante la sessione della UPR.
Di fronte a una sala colma di persone,
S.E. Eviatar Manor, rappresentante della Missione Permanente di Israele presso
le Nazioni Unite a Ginevra, ha aperto il suo discorso dichiarando che Israele
aveva deciso di sospendere le sue relazioni con il Consiglio dei Diritti Umani a
causa delle discriminazioni subite. A questo proposito, è stato citato l’esempio
dell’Item 7 dell’Agenda, che tratta solo la situazione dei diritti umani in
Israele. 
Stando alle parole di Manor, “non
è stata una decisione facile”, quella di presentarsi alla Revisione, dal
momento che Israele non potrebbe ricevere trattamento più ingiusto di quello
avuto. L’ambasciatore ha riconosciuto che Israele non è un paese perfetto, come
il resto dei Paesi, ma ha osservato come si stia cercando di migliorare i
diritti umani in Medio Oriente. Shai Nitzan, Vice Procuratore Generale
Ministero della Giustizia di Israele, ha evidenziato la collaborazione
esistente tra il governo e le ONG in Israele per combattere il terrorismo e
l’importanza di un sistema  democratico
in Israele.
Dei 73 Paesi che hanno preso la parola,
quasi tutti hanno espresso la propria preoccupazione circa l’assenza prolungata
di Israele dal Consiglio dei Diritti Umani. Temi principali della discussione
sono stati l’occupazione della Palestina, il blocco della Striscia di Gaza, le
infrastrutture in Cisgiordania, la discriminazione delle minoranze, il diritto
all’auto-determinazione, all’educazione e alla giustizia tra i giovani. I Paesi
arabi sono stati i più critici riguardo alle scelte e alle azioni compiute da
Israele, non solo all’interno delle Nazioni Unite, ma anche in Medio Oriente. Hanno
sottolineato con forza le violazioni dei diritti dei rifugiati, la questione
della liberazione dei prigionieri e della libertà di religione. Durante il suo
intervento, nel corso della discussione, il rappresentante della Palestina ha
dichiarato: “Israele capisce solo il linguaggio della pressione.” La
Siria, dal canto suo, ha raccomandato il rispetto delle differenze culturali dei
siriani che vivono nelle Alture del Golan. Dall’altra parte, gli Stati Uniti si
sono congratulati con Israele per la decisione di presentarsi nuovamente di
fronte al Consiglio dei Diritti Umani, sostenendo la sua tradizione di valori
democratici, le elezioni libere e la sua società aperta.
Dopo tutte le polemiche generate da un
tale dibattito e le avversità incontrate alla revisione, è necessario
enfatizzare l’importanza delle Nazioni Unite, che dovrebbero essere considerate
come un luogo in cui gli Stati possono affrontare e
risolvere i loro problemi attraverso il dialogo. Questa, però, non è certo la
fase finale, bensì solo l’inizio. La difesa dei diritti umani non è un’utopia,
e l’azione è il modo migliore per dimostrarlo.