Dite al mondo che sono bambini, non soldati

“Siamo tutti colpevoli. Abbiamo gli strumenti e le risorse per proteggere i bambini, anche in situazioni di conflitto armato; ma non siamo stati capaci di farlo. Dobbiamo agire ora.” V. Gamba.

L’ambizione e l’interesse, così come la sfiducia e il sospetto sono stati motivo di enormi violazioni di Diritti Umani. Nei notiziari e nei social network continuiamo a sentire che “il mondo cade a pezzi”. Però fa male al cuore sapere che siano proprio i nostri bambini e i nostri giovani, “il gruppo più vulnerabile della nostra società” [1] oggetto di queste atrocità.

L’hashtag #ChildrenNotSoldiers ha inondato la sala XVII di Palais des Nations grazie all’evento “Building Peace: Protecting Children in Conflict”, lo scorso 5 novembre, nella cornice della Settimana della Pace a Ginevra. L’obiettivo era quello di mostrare che per costruire una pace sostenibile è necessario prevenire e porre fine alle violazioni ai danni dei bambini in situazioni di conflitto armato.

Nonostante l’esistenza della Convenzione dei Diritti del Bambino e la sua ratificazione dalla maggioranza dei paesi membri delle Nazioni Unite, è sorprendente il fatto che ancora ci siano bambini che vedono i loro diritti sistematicamente violati. I bambini e i giovani sono diventati il principale carburante dei gruppi armati, che non solo rubano loro l’opportunità di studiare, di divertirsi e di vivere nella propria comunità, ma rubano loro anche la libertà e, ancor peggio, l’infanzia. È evidente che i conflitti armati hanno un impatto negativo nei nostri bambini, perché il prezzo da pagare è spesso la vita.

Virginia Gamba, la Rappresentante Speciale del Segretario Generale sui Bambini nei Conflitti Armati, ha una lunga esperienza nell’ambito della pace e della sicurezza, sicurezza umana e disarmo. Si è presentata all’assemblea definendo il suo ufficio come un “megafono globale” per identificare le violazioni di diritti umani nei conflitti armati e per costruire una piattaforma capace di porre fine a queste violazioni e prevenire futuri conflitti. La Rappresentante Speciale ha poi spiegato con estrema chiarezza e dolore che la comunità internazionale non è ad oggi in grado di aiutare i bambini vittime di questi abusi.

Nathalie Ben Zakour, Hichem Khadhraoui ed Erica Hall, rappresentanti rispettivamente di MINUSCA[2]e di alcune ONG che lavorano con bambini e giovani in situazioni di conflitto armato hanno presentato le sfide che incontrano ogni giorno. I conflitti causano paura, insicurezza, assenza di studenti e insegnanti nelle scuole, discontinuità nell’insegnamento e distruzione di materiale e infrastrutture. Povertà, mancanza di opportunità educative, violenza e insicurezza sono alcuni tra i molti elementi che portano giovani e bambini ad arruolarsi nei gruppi armati.

La reintegrazione delle vittime dopo il conflitto è stata descritta come una delle più grandi sfide per costruire una società di pace, definendo la pace non solamente come assenza di conflitto, ma come “a luogo in cui le persone possono godere dei propri diritti in armonia” [3].

Gli interventi degli oratori, che non hanno parlato solo con il cuore ma anche per diretta conoscenza delle realtà difficili, hanno poi invitato le ONG a partecipare al dialogo interattivo. Le ONG hanno mostrato interesse nel creare nuovi canali di cooperazione con gli uffici dell’ONU per salvaguardare e proteggere giovani e bambini.

Bisogna riconoscere che i bambini non si trovano solo nelle periferie dei conflitti, ma che ne sono spesso i protagonisti. Inoltre, bisogna ricordare che la società civile non solo conosce la realtà sul campo, ma ha anche il ruolo di spingere perché i governi pongano fine alle violazioni e agli abusi contro i diritti umani, facilitando per quanto possibile la reintegrazione sociale delle vittime. Investendo nell’educazione dei nostri bambini e giovani, potremo assicurare il futuro della nostra generazione e costruire una pace duratura. Dobbiamo però anche fare in modo che le diverse misure comprendano un lavoro individuale e collettivo, necessità morali e materiali, aspetti politici e sociali.

Per noi l’educazione è un elemento chiave per costruire società di pace. L’educazione guarda al futuro, promuovendo valori come l’inclusione, la convivenza e il rispetto. L’educazione è in definitiva uno degli strumenti più potenti per porre fine ai conflitti armati.

È venuto il momento che la comunità internazionale si renda conto che il numero di bambini che soffrono a causa di conflitti armati è in continua crescita. Non basta lamentarsi di quelle tragedie che tutti conoscono, questa realtà aberrante deve muovere la volontà politica per mettere in pratica i mezzi e i meccanismi capaci di fermare questi abusi.

 

[1] Michael Møller, Direttore generale dell’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra

[2] United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic

[3] Mr. Geert Muylle, Rappresentante della Missione Permanente del Belgio alla Nazioni Unite a Ginevra