Genitori condannati a morte: i diritti dei bambini

Quando un bambino vive la
condizione di avere i genitori condannati a morte o giustiziati, il suo stato
mentale si deteriora e la salute fisica corre seri rischi. Sperimenterà spesso
la discriminazione, soprattutto nel caso in cui la condanna sia nota pubblicamente.
Dal momento che la pena di
morte colpisce in modo sproporzionato coloro che appartengono ai gruppi più
poveri o emarginati, la discriminazione può aggravarsi. Se il bambino è reso
orfano o viene privato del sostegno e delle cure di un genitore, la sua
condizione può diventare drastica. Capita spesso che i bambini debbano smettere
di andare a scuola e iniziare a lavorare per mantenersi. Tale situazione rende
così il bambino particolarmente vulnerabile e quindi maggiormente esposto ad
abusi, negligenza e sfruttamento.

In alcuni Stati, il detenuto e la sua famiglia non
ricevono alcuna informazione circa l’esecuzione.
L’11 Settembre scorso, in
una tavola rotonda dinanzi al Consiglio dei Diritti Umani – moderata da
Remigiusz Henczel, che presiede il Consiglio – esperti provenienti da settori
diversi hanno discusso della condizione in cui vivono i figli dei giustiziati o
dei condannati a morte e degli effetti nocivi  di tale situazione.
Nel suo discorso iniziale, che ha introdotto il panel,
Flavia Pansieri ha fornito le linee generali della questione e una visione
d’insieme sulla problematica che sarebbe stata trattata. 
Il Vice Alto Commissario per i Diritti Umani ha ricordato
che lo Stato in cui la pena di morte non sia stata abolita ha comunque il
dovere di rispettare Diritto Internazionale, che comprende anche il Patto Internazionale
sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo. Lo
Stato che ancora legittima la pena di morte deve necessariamente tenere in
considerazione le conseguenze che tale atto provoca sulla società in generale,
in particolare sui figli e sulle famiglie dei condannati.
Aprendo la discussione,
Jorge Cardona Llorens – membro del Comitato per i Diritti del Bambino – ha
incentrato il suo discorso sulla necessità, per uno Stato, di agire sempre nel
“migliore interesse del bambino” in tutte le questioni che lo influenzano
direttamente o indirettamente, anche quando un genitore è condannato a morte. Se
l’interesse del bambino è una priorità, la condanna a morte di un genitore non
sarebbe una soluzione ragionevole, in quanto chiaramente in contrasto col
benessere del bambino stesso.
A prendere la parola dopo Cardona, la Dottoressa
Sandra Jones, un’assistente sociale la cui ricerca si concentra principalmente
sui figli di detenuti nel braccio della morte.
Secondo la sua esperienza, i bambini si emarginano,
isolandosi dai coetanei e dal resto dei membri della famiglia, privandosi così
della possibilità di piangere la perdita prima e dopo che i propri genitori
siano giustiziati.
Nisreen Zerikat, del Centro Nazionale della Giordania
per i Diritti Umani, ha affermato che persino una moratoria sulla pena di morte
avrebbe un grave impatto sui bambini, che 
vivrebbero in una situazione di continua attesa, non conoscendo la data
dell’esecuzione della sentenza. Ha inoltre suggerito una stretta collaborazione
tra Governi, ONG e scuole, per la prevenzione di episodi di bullismo da parte
di altri bambini o di insegnanti.
Francis Ssuubi ha riportato la sua esperienza in
Uganda, dove ha condotto un programma per i figli di condannati a morte. I
bambini, ha spiegato, sono maggiormente esposti al rischio di essere
sacrificati per accuse di stregoneria e diventano ancora più vulnerabili ad
aggressioni e stupri, dal momento che nessuno è disponibile a proteggerli.
Il dialogo interattivo tra
Stati membri e ONG è stato per la maggior parte incentrato sulla richiesta di
abolizione della pena di morte, sulle violazioni dei diritti umani e sulle
terribili conseguenze per i bambini. L’Italia ha espresso la sua preoccupazione
circa l’argomento, affermando che i bambini che hanno visto i propri genitori
uccisi attraverso la pena di morte, hanno maggiori probabilità di diventare
criminali a loro volta. 
Il panel e il dialogo
interattivo che ne è seguito hanno posto sotto i riflettori le vittime della
pena di morte, troppo spesso dimenticate o ignorate dalla società. Avere un
genitore condannato a morte rende questi bambini particolarmente vulnerabili,
bisognosi di sostegno e di cure. Resta la speranza che, anche in seguito a tale
dialogo, gli Stati cambino il loro approccio nei loro confronti,
identificandoli a loro volta come vittime in questa situazione.