Gli effetti dei conflitti armati sui bambini

Sono
i bambini a soffrire i maggiori effetti della guerra, specialmente nella realtà
odierna in cui i conflitti coinvolgono attori e campi di battaglia radicalmente
differenti rispetto al passato. Molti bambini sono reclutati come soldati e
costretti ad abbandonare il proprio paese. I loro quartieri sono gli scenari
della guerra. Vengono uccisi o mutilati da esplosivi, mine, droni e altre armi.
Quando sono sfollati dalle loro case o quando la loro patria diventa
pericolosa, i bambini hanno meno probabilità di frequentare la scuola, in
particolare le ragazze. In altri casi, le scuole sono distrutte, diventando,
insieme agli ospedali, bersaglio degli attacchi da parte dei ribelli, mentre i
bambini sono usati come scudi umani.

La
24° sessione del Consiglio dei Diritti Umani ha rivolto la sua attenzione alla
questione dei bambini nei conflitti armati e ha avviato un dialogo tra Stati
Membri sulla possibilità di creare soluzioni comuni per ovviare al problema.

Il
Rappresentante Speciale per Bambini e Conflitti Armati ha presentato una
relazione circa i progressi compiuti finora e gli aspetti problematici su cui
bisogna ancora intervenire. Il rapporto ha evidenziato i conflitti nel mondo
che producono maggiori effetti sui bambini — la guerra in Siria, il colpo di
stato militare in Mali, l’instabilità nella Repubblica Centrafricana e la
situazione in Somalia. La metà dei profughi che lascia la Siria, ad esempio,
sono bambini. Il Rappresentante Speciale ha riferito che nei paesi in cui i
bambini sono stati reclutati per combattere, tra cui Yemen, Ciad, Somalia e
Repubblica Democratica del Congo, sono predisposti o sono già in corso di
attuazione dei piani d’azione per prevenire l’impiego di bambini soldato e per
limitare gli effetti dei conflitti sui minori. 
Tali piani prevedono obiettivi concreti per i governi di questi paesi al
fine di impedire il reclutamento dei bambini e rafforzare la partnership con le
agenzie di protezione dell’infanzia. Il Rappresentante Speciale ha annunciato
un’iniziativa globale per porre fine, entro il 2016, al reclutamento di bambini
da parte dei governi nei conflitti armati.

Purtroppo,
lo scopo perseguito dalle Nazioni Unite deve fare i conti con attori non
statali, come gli eserciti ribelli o i gruppi terroristici, che utilizzano
sempre più i bambini come combattenti, in tal modo danneggiandoli nei loro
conflitti. Il Rappresentante Speciale ha coinvolto diversi gruppi non statali,
tra cui l’Esercito Libero siriano, il Movimento di Liberazione Popolare del
Sudan-Nord e il Fronte Islamico di Liberazione Moro, nelle Filippine, che si
sono impegnati a porre fine al reclutamento dei bambini nei loro conflitti.
Numerosi
Stati, in cui i bambini sono stati recentemente combattenti, hanno espresso le
difficoltà di reinserimento dei ragazzi dopo le esperienze traumatiche della
guerra. Il delegato della Sierra Leone ha parlato di oltre otto mila bambini
che mancano della capacità di risolvere pacificamente i problemi a causa del
loro passato violento e che non hanno la necessaria formazione di base per
tornare a scuola, per cui, una volta adulti, saranno costretti alla
disoccupazione. Sri Lanka e Sud Sudan, due tra i paesi con la maggior
percentuale di bambini che combattono nelle guerre, hanno ribadito la necessità
di individuare le migliori pratiche di integrazione dei bambini coinvolti nei
conflitti in modo che possano entrare a far parte di una società pacifica.
Gli
effetti dei conflitti armati sui bambini stanno assumendo connotazioni sempre
più gravi, oggi. Il Delegato della Santa Sede ha sottolineato come questi
bambini abbiano bisogno non solo di istruzione, cibo, vestiti e di un riparo,
ma anche di una guarigione a livello psicologico e spirituale, nonché del
riavvicinamento alle proprie famiglie.