Myanmar rilascerà oltre 6000 prigionieri

Martedì 11 ottobre, Myanmar ha annunciato il rilascio di migliaia di prigionieri politici, invocando ragioni umanitarie. Questa decisione sembra rafforzare le speranze di una possibile amnistia che coinvolgerebbe circa 2000 prigionieri politici, tra i quali attivisti politici, avvocati, giornalisti ed artisti. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, le Nazioni Unite e l’opposizione democratica nazionale avevano già richiesto il loro rilascio da anni, in particolare dopo la costituzione del nuovo governo. Come ha commentato Egreteau Renaud, professore presso il centro di studi asiatici dell’Università di Hong Kong, “questa decisione appare ora come un punto di rottura con il conservatorismo del passato, messo in piedi dal generale Than Shwe, capo della giunta militare, al potere dal 1962”. Il suo successore, l’ex Presidente e Generale Thein Sein, in carica dal marzo scorso, ha già dimostrato la sua volontà di intraprendere significative riforme per il paese. 

Il primo passo è stato l’apertura del dialogo con il leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, in carcere e agli arresti domiciliari da più di quindici anni. Inoltre, alla fine del mese di settembre, il Presidente ha deciso di sopendere la prosecuzione di un progetto di costruzione di una diga nel paese, finanziato dal governo cinese, in osservanza della volontà del popolo birmano ed ha istituito una Commissione nazionale per i diritti umani. Certamente la pressione internazionale esercitata da parte di Stati Uniti ed Unione Europea ha giocato un ruolo importante in questa ondata di cambiamento che ha coinvolto principalmente l’apparato militare. Infatti una nuova generazione di generali e ufficiali immagina un futuro diverso per il paese, riconoscendo il valore del dialogo tra le nazioni. Tuttavia se il governo ha deciso di rilasciare i prigionieri politici, anche i Paesi occidentali dovrebbero compiere un gesto verso Myanmar, forse attraverso la sospensione delle sanzioni economiche che pesano sull’economia del paese ormai da anni.