Panel sulla violenza contro le donne e le ragazze indigene


Il 20 settembre 2016 le Nazioni Unite di Ginevra hanno organizzato la discussione annuale sui diritti delle popolazioni indigene. Quest’anno l’attenzione è stata posta sulle cause e le conseguenze della violenza contro donne e ragazze, incluse quelle con disabilità.

Il panel è stato presieduto Choi Kyonglim, presidente del Consiglio dei Diritti Umani, mentre Adma Abdelmoula , direttore del Consiglio dei diritti umani e della Divisione che si occupa  dei meccanismi dei Trattati,  ha aperto l’evento con un discorso collegato al tema della giornata.

Adma Abdelmoula ha sottolineato la necessità di elevare lo status delle donne indigene allo stesso livello di quello degli uomini; di riconoscere gli abusi storici contro le comunità indigene e porre fine allo stato di vulnerabilità di queste persone; assicurare che il sistema giudiziario sia efficiente per risolvere le problematiche della gente e porre fine ai vari cicli di violenza.
Il suo discorso è stato seguito dalle osservazioni del moderatore del panel, Albert Kwokwo Barume, presidente del gruppo di esperti sui diritti delle popolazioni indigene.
Il signor Baume ha ringraziato il Consiglio per aver organizzato il panel e per aver permesso alle persone con disabilità di poter partecipare e seguire al meglio l’evento grazie ad un interprete esperto nella lingua dei segni, e ai sottotitoli in inglese proiettati durante discorsi e interventi che stati e ONG hanno esposto durante la giornata.

La prima ad intervenire nel panel è stata Aili Keskitalo, Presidente del Parlamento Sami in Norvegia, la quale ha raccontato dello stato di invisibilità nella quale vivono le donne di quetsa comunità, fenomeno dovuto dopo molti anni di colonizzazione e di difficile integrazione.
La seconda testimonianza è stata di Olga Montiufar Contreras, direttrice della Fondazione “Paso a Paso” in Messico, che ha posto l’attenzione del pubblico sull’importanza di educare le donne (specialmente quelle con disabilità) ad essere consapevoli dei loro diritti, dato che vivere nell’ignoranza le ha portate finora a non riconoscere le violazioni che hanno subito e   ad essere succubi di questa terribile ingiustizia.
Il terzo intervento è stato fatto da Hannah McGlade, membro di alto livello della Rappresentanza degli Indigeni all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite e membro del gruppo di ricerca sugli indigeni alla Curtin University in Australia, la quale ha esposto le sue preoccupazioni per quanto riguarda il mancato impegno del sistema di giustizia a risolvere determinate episodi di crimini e violenza contro le donne aborigine.
Inoltre ha incoraggiato gli stati a riconoscere i problemi che affliggono queste donne, problematiche che hanno molte sfaccettature e che si risolverebbero soltanto sviluppando meccanismi burocratici per cercare con maggior facilità l’accesso alla giustizia, nel caso che la comuntà da cui provengono neghi questa opportunità.
Successivamente gli Stati sono intervenuti e hanno riconosciuto il fatto che le donne e le ragazze indigene sono state colpite in maniera sproporzionata dalla violenza domestica, dalla marginalizzazzione nella società, dalle pratiche dannose come le mutilazioni genitali femminili (MGF), e sopratutto dalla povertà.
L’Ecuador ha menzionato il suo impegno per favorire la partecipazione delle donne indigene nella vita politica e nell’iter di formazione delle politiche governative che le riguardano, celebrando anche la creazione di un piano d’azione per dar lavoro alle donne indigene disabili nel settore pubblico.
Il Messico invece ha lodato gli sforzi e il lavoro della Commissione Nazionale per lo Sviluppo delle persone indigene; la Colombia ha fatto notare invece il bisogno di prevenire la “ri-vittimizzazione” delle donne di queste popolazioni, fenomeno causato dal conflitto tra il sistema di giustizia nazionale e quello indigeno e che porta ad un impasse nel raggiugimento di una giustizia sociale.
Infine la Repubblica del Congo ha condiviso con gli altri membri del Consiglio le nuove leggi che ha varato e che garantirebbero a tutti gli uomini e donne gli stessi diritti, cosi come la creazione del Ministero della Giustizia e dei Diritti Umani, che avrebbe come compito quello di proteggere i diritti umani delle popolazioni indigene.
Il Consiglio d’Europa ha ricordato inoltre a tutti i presenti che la Convenzione di Istanbul prevede la criminilazzazione per tutte le forme di violeza contro le donne.
Allo stesso modo Aili Keskitalo ha suggerito agli Stati di essere responsabili e di rispettare i documenti che hanno firmato per quanto riguarda questa tematica , come per esempio la dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti delle popolazioni indigene o il documento della Conferenza Mondiale sulle  popolazioni indigene del 2014.
Alcune Organizzazioni non governative, come il Centro Risorse per la legge indiana e l’Istituto Internazionale per le donne laureate, hanno rinnovato l’invito agli stati a ratificare e difendere queste dichiarazioni e convenzioni.
Infine nei commenti finali i partecipanti al panel hanno incoraggiato gli stati ad aumentare i finanziamenti per risolveere i problemi che donne e ragazze con disabilità, appartenenti alle popolazioni indigene, affronatano ogni giorno; a ratificare i documenti internazionali e permettere quindi alle donne indigene di accedere ai sistemi giudiziari per combattere eventali crimini.
Lo Special Rapporteur per i diritti delle popolazioni indigene, la sig.ra Taul-Corpuz,ha  suggerito agli Stati di creare un “Osservatorio per i femminicidi” a livello globale, con l’obiettivo di documentare officialmente il numero di donne e specialmente donne indigene, che vengono uccise ogni giorno in giro per il mondo.